Convenzionalmente si dividono gli scarichi provenienti da un’abitazione domestica in acque grigie e acque nere. Le acque grigie sono circa il 70% dei consumi domestici e hanno caratteristiche chimiche che ne permettono un trattamento più facile: quindi raccogliendole separatamente e trattandole si producono quantità importanti di acqua riutilizzabile per quasi tutti gli usi non potabili.
In realtà, è spesso conveniente unire alle acque nere anche gli scarichi provenienti dal lavabo della cucina, che, pur non essendo particolarmente contaminati, contengono una grande quantità di solidi (residui di cibo e dei lavaggi, polvere di caffè, ecc.) e oli. In questo modo la ripartizione tra acque grigie e nere si attesta su un rapporto di 60 a 40%.
Lo schema tipico di un sistema di separazione e riuso delle acque grigie è quello riportato in Figura 2. Le acque provenienti da docce e lavabi sono raccolte, trattate e inviate, tramite una pompa, ai punti di riutilizzo: in genere lo scarico dei WC, la lavatrice e alcuni rubinetti di acqua non potabile da destinare al lavaggio pavimenti, spazi esterni, irrigazione, ecc..
La pratica della depurazione locale e riuso delle acque grigie si sta diffondendo abbastanza rapidamente nei Paesi in cui è maggiore il costo dell’acqua. Per questo, alcune case produttrici hanno messo in commercio sistemi di depurazione estremamente compatti e automatizzati, installabili facilmente anche in una cantina. Tra le soluzioni più interessanti vi sono certamente gli impianti che prevedono il trattamento mediante sistemi di fito-depurazione, integrati nell’arredo a verde degli edifici. Il vantaggio della fito-depurazione sta nella estrema semplicità e stabilità del trattamento: un impianto ben progettato richiede una minima manutenzione che non richiede personale specializzato e può durare decine di anni.
Acque grigie e acque nere
Solo una piccolissima parte delle acque che usiamo in casa viene effettivamente “consumata”. Quella che beviamo, quella che utilizziamo per lavare la casa ed evapora dopo l’uso, quella che usiamo per irrigare le piante dell’appartamento: dei 200 litri/abitante/giorno solo 1-3 litri, vengono effettivamente consumati, il resto lo scarichiamo nelle fogne dopo l’uso. Bene, l’acqua che scarichiamo ha caratteristiche molto diverse a seconda dell’uso che ne facciamo: lo scarico che proviene dal WC, che contiene feci e urine umane, conterrà acque con una composizione chimica e microbiologica diversa dalle acque scaricate dai lavabi e dalle docce.
Un’importante differenza tra acque grigie e acque nere consiste nella diversa velocità di degradazione degli inquinanti. Si potrebbe pensare che le acque grigie, che contengono saponi e altri residui di prodotti per l’igiene domestica, siano meno biodegradabili: in realtà avviene l’esatto contrario. Le acque nere contengono sostanze organiche che hanno subito uno dei processi degradativi più efficienti in natura: quello che avviene nel nostro apparato gastro-intestinale. La sostanza organica che rimane nelle feci dopo la digestione è composta in larga parte di materia cellulosica (le famose “fibre” che i dietologi ci invitano a mangiare proprio per favorire le funzioni fisiologiche), ovvero la lunga molecola organica di cui sono fatti la carta ed il legno, sostanze che – sebbene di origine naturale – tutti sappiamo si degradano molto lentamente a temperatura ambiente. Inoltre nelle acque nere – in particolare nelle urine – si trova la maggior parte dell’azoto, che richiede tempi lunghi e grandi quantità di ossigeno per essere eliminato. Alcuni studiosi svedesi hanno studiato il processo biologico degradativo della sostanza organica contenuta nelle acque grigie e nere: in cinque giorni di processo, solo il 40% della sostanza organica presente nelle acque nere subisce una completa mineralizzazione, mentre nel caso delle acque grigie si raggiunge nello stesso periodo una riduzione del 90% della sostanza organica. Questo rapido decadimento della sostanza organica presente nelle acque grigie può essere spiegato con l’abbondanza di zuccheri, proteine e grassi, facilmente disponibili alla flora batterica, caratteristica di questa tipologia di acque di scarico.
In conclusione, quindi, nelle nostre case produciamo circa il 60% di acque di scarico grigie, inquinate da sostanze facilmente biodegradabili, poco contaminate da batteri e virus patogeni – e quindi la cui gestione non comporta particolari rischi sanitari; il restante 40% invece sono acque nere, il cui trattamento è più complesso, sia dal punto di vista biochimico che microbiologico.
Ora nelle abitazioni le acque grigie e le acque nere, che presentano caratteristiche così diverse, vengono normalmente mescolate ed immesse in fogna. Possiamo dire che oggi facciamo con le acque di scarico ciò che facevamo, fino a pochi decenni fa, con i rifiuti solidi. Ancora non ci rendiamo conto delle opportunità che derivano dal mantenere separati i nostri scarichi: le acque grigie, infatti possono essere destinate a coprire una parte consistente del fabbisogno domestico.